jerry calà capannina di franceschi

Jerry Calà Capannina di Franceschi

Jerry Calà Capannina di Franceschi Forte dei Marmi.

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Finalmente è Estate, finalmente tornano le serate Jerry Calà Capannina di Franceschi a Forte dei Marmi le più attese e le più richieste nella discoteca più antica del Mondo.

Serate spettacolari, uniche, divertenti che vedono il Gatto di Vicolo Miracoli protagonista dell’Estate firmata La Capannina di Franceschi.

Serate per chi puoi approfittare del servizio di info e prenotazioni lodato dalle migliori recensioni Capannina….

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Serate con Jerry Calà in programma alla Capannina di Franceshi.

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Ecco tutte le date che segnano l’attesissimo ritorno di “Jerry Calà Capannina di Franceschi” e di Sapore di Mare.

  • Venerdì 13 Luglio
  • Mercoledì 25 Luglio
  • Mercoledì 1 Agosto
  • Mercoledì 8 Agosto
  • Mercoledì 15 Agosto (Ferragosto in Versilia)
  • Mercoledì 22 Agosto


www.DiscotecheVersilia.it ti ricorda che riservare una cena o un tavolo è l’unico modo di evitare le lunghissime file previste all’ingresso nelle serate Jerry Calà Capannina. Al momento della prenotazione sarà indicato anche il miglior orario a cui presentarsi al locale.

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Anche nelle serate Jerry Calà Capannina: ristorante dalle 21, discoteca con privè pianobar dalle 24.

Jerry Calà Capannina di Franceschi prezzi.

  • Cena con tavolo tutta la sera (posizioni migliori), 80 euro a testa + eventuale costo della bottiglia da bloccare al momento della prenotazione
  • Cena con tavolo tutta la sera, 80 euro a testa
  • Cena + ingresso (senza tavolo per lo spettacolo), 60 o 50 euro a testa
  • Tavoli dopocena a partire da 300 euro (a tavolo) con prezzi differenti a seconda del numero di partecipanti, delle bottiglie e della posizione desiderata.

Per preventivi personalizzati e per ogni tipo di prenotazione, utilizza i contatti offerti da questo sito.
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Ti basta una semplice chiamata, un messaggio o una mail puoi assicurarti:

  • le migliori “formule Capannina” ;
  • i vantaggi (come l’ingresso senza fila) che la discoteca di Forte dei Marmi riserva ai suoi migliori ospiti;
  • la possibilità di cenare coi menu speciali creati da David Romagnoli e/o di riservare un tavolo per tutta la sera;
  • il miglior rapporto Qualità del Servizio/Prezzo (rispetto all’ingresso senza prenotazione);

Questo servizio speciale e assolutamente gratuito per te che prenoti è già stato provato e premiato con oltre 30.000 “Mi piace” su Facebook e con tantissimi “Segui su Twitter e Pinterest da chi come te ha vissuto almeno una serata in Versilia. Visita il profilo di Discoteche Versilia su Pinterest.

Jerry Calà Capannina di Franceschi e non solo.

Goditi le foto  Jerry Calà Capannina di Franceschi Forte dei Marmi e preparati a i prossimi eventi.

da linkiesta.it
«Io abitavo lì». Milano 2, palazzo dei Cigni, esterno giorno. Jerry Calà indica uno dei condomini che si stagliano sullo sfondo del laghetto coi cigni. Alle spalle, gli studi di quella che oggi si chiama Mediaset e che si chiamava Telemilano, nei primi anni ottanta. E, in fondo, è quello il cuore del corto circuito. Che nel cupio dissolvi del berlusconismo, che del “decennio del riflusso” è stato motore immobile, la gente torni a riappassionarsi per Jerry Calà e più in generale per i protagonisti di quella stagione.

Grazie a questa strana e improvvisa retromarcia, Calogero, in arte Jerry, catanese di nascita e veronese d’adozione, è riapparso sulle scene con uno spettacolo teatrale e un libro sulla sua “vita da libidine” – questo il titolo dello show e del volume edito da Sperling & Kupfer -, un programma radiofonico su Rtl 102.5 e un video rap autocelebrativo in collaborazione con J-Ax, “Ocio” che ha fatto tre milioni di visualizzazioni in pochi giorni.

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Le serate  Jerry Calà Capannina di Franceschi Forte dei Marmi ti aspettano.

Secondo te perché questo ritorno degli anni ’80, Jerry? Serve per dare una patina di leggerezza e allegria a un’epoca cupa ?
Credo di sì. Sarebbe bello fossimo anche un po’ d’esempio. Lo dico sia nel libro, sia nello spettacolo: noi vecchi yuppies un po’ cazzoni avevamo un ottimismo e un entusiasmo che ne basterebbe metà, oggi, per risollevare l’Italia.

I capitoli del tuo libro sono dedicati ognuno a una città diversa: Verona, Catania, Milano..
…Bologna, dove ho fatto l’università.

Cos’hai studiato?
Lettere antiche

Ah…
Cazzo, fate tutti quella faccia lì, quando lo dico. Io al liceo Classico Maffei di Verona ero una pippa in tante materie, ma avevo otto in greco e latino. Ti racconto una storia…

Vai.
Siccome ogni anno mi bocciavano, ero andato a fare gli esami di stato da privatista a Locri, in Calabria. Al tempo si diceva fosse più facile. Come sono arrivato lì, un alunno mi disse che aveva già la traduzione, che gliel’aveva passata una persona fidata. Io la guardai e gli dissi che era tutta sbagliata. Lui mi mandò a quel paese. Io all’esame feci di testa mia e fui l’unico a fare il compito tutto giusto. Agli orali fu un a passeggiata perché dopo quello scritto la commissione mi accolse con un applauso.

Non ti sei laureato in lettere antiche, però…
No. Feci otto o nove esami, ma poi fummo travolti dal successo dei Gatti di Vicolo Miracoli e fui costretto a mollare…

In un’intervista, Lia Celi, una che ha scritto per Cuore, che ha lavorato coi fratelli Guzzanti e con Marcorè, ci ha detto che a spingerla a scrivere satira furono Sandra e Raimondo e i Gatti di Vicolo Miracoli. Siete stati seminali…
Che onore, essere affiancati a Sandra e Raimondo. Loro in realtà facevano un’umorismo che aveva un retrogusto amaro. Noi eravamo più allegri e surreali. Eravamo compagni di liceo. Ed eravamo l’espressione di cos’erano i ragazzi a quell’epoca.

Cioè?
I Gatti erano quattro ragazzi che inseguivano un sogno e che una mattina del 1971 sono scappati di casa, con un vecchio furgone scassato, per andare a Roma a fare la fame. C’erano giorni che pranzavamo con un pacchetto di Golia, cantavamo nei ristoranti per cenare. Poi è arrivata la grande occasione.

Com’è successo?
Una sera, in uno dei ristoranti in cui stavamo mangiando arriva Cino Tortorella.

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Il mago Zurlì…
Molto di più. Cino era un grande uomo di televisione che ha inventato programmi epici come “Chi sa chi lo sa”. Ci chiese che cazzo ci facessimo a Roma, a cantare nei ristoranti e a fare la fame. E ci portò a Milano con lui. La sera del nostro debutto al Derby c’erano in cartellone Cochi e Renato, Paolo Villaggio ed Enzo Jannacci. Convinse il proprietario del locale, che era molto scettico, a farci esibire con loro.

E ha funzionato?
Sì. Perché avevamo un modo di fare spettacolo assieme che era unico.

È coi Gatti che avete iniziato a Telemilano, qui a Milano 2, con Berlusconi…
Fu lui a proporci di lasciare la Rai. A noi andò bene. La televisione di Stato ci stava stretta, c’era la censura, non potevamo dire molte cose. Qui abbiamo sperimentato. C’erano autori come Sandro Parenzo e Davide Rampello. Noi facevamo la domenica pomeriggio col pupazzo Five. C’era Marco Columbro che suonava il pianoforte, giovanissimo. C’era il povero Giorgio Medail, c’era il maestro Augusto Martelli, quello che sì è inventato il jingle di Canale 5. Eravamo tutti giovani ed entusiasti. Era un laboratorio creativo incredibile. Una volta, in un programma, abbiamo avvolto il pubblico nel cellophane.

Berlusconi che ne pensava di voi?
Più che da Silvio noi eravamo preoccupati da Marina Berlusconi

Marina? Ma era una ragazzina…
Girava questa leggenda che Berlusconi ogni sera ritirava le cassette degli spettacoli comici e li faceva vedere a Marina. Se rideva andava tutto bene. Se no, ci tagliavano. Eravamo tutti terrorizzati da Marina: ogni volta che finivamo uno sketch ci immaginavamo questa bambina che non avevamo mai visto col pollice verso: «Chissà se Marina riderà?», ci chiedevamo preoccupati. Non sto scherzando.

E vivevate qui…
Si, io abitavo in un monolocale là in fondo.

Guardala adesso. Com’è cambiata Milano 2 rispetto ad allora?
Non è cambiato niente. È come se fosse Venezia. Solo che al posto dei canali ci sono le strade interrate e il laghetto coi cigni.

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Coi Gatti poi vi siete separati…
Si, ma le nostre strade si sono incrociate mille volte. Con Umberto Smaila, soprattutto, è come se non ci fossimo mai lasciati. Ha fatto dieci colonne sonore dei miei film…

Te ne sei andato per il cinema, per fare l’attore. E – non ne abbiano a male i critici – coi tuoi film hai raccontato un’epoca: sei andato a vivere da solo, a fare il pianista squattrinato a Cortina, lo Yuppy a Milano, l’animatore dei villaggi vacanze…
“Vado a vivere da solo” era lo specchio di quegli anni. Volevamo affrancarci dai genitori, anche se gli chiedevamo i soldi per farlo. Oggi sono i genitori che darebbero i soldi ai figli per levarseli di torno. I ragazzi di oggi dovrebbero riprendere quello spirito lì. Non si può aspettare che qualcuno glieli regali.

Magari sbarcando il lunario suonando per i vip a Cortina, come faceva il tuo personaggio nel primo Vacanze di Natale…
Billo è il personaggio che mi è rimasto più appiccicato addosso. Si può dire che Billo era il Jerry Calà di adesso, ante litteram.

Poi arrivano gli yuppies…
Yuppies oggi è un cult, in rete. Ho ricevuto migliaia di messaggi di gente che chiede a me, De Sica, Greggio e Boldi di fare Yuppies 3.

Strano, no? Yuppies in fondo è l’antitesi della situazione attuale. La crisi che stiamo vivendo ancora adesso inizia proprio con degli ex yuppies che lasciano i loro uffici di Wall Street con degli scatoloni in mano…
Quando dovevamo girare Yuppies, i Vanzina, due fratelli intelligenti che conoscevano l’Italia, a differenza del resto del generone del cinema romano, mi mandarono a Milano da dei loro amici che lavoravano nella finanza. Dopo qualche giorno li chiamai e gli dissi di cambiare la sceneggiatura: la realtà superava la fantasia. La foga con cui vivevano questi ragazzi era folle, al limite.

Un po’ come il rapper di cui hai fatto la parodia di recente, con “Ocio”…
Quel video ha spaccato davvero. Tre milioni di condivisioni di su Facebook.

Hai sorpreso tutti, come rapper. Il rischio di risultare patetico era altissimo…
Me l’hanno detto pure J-Ax e i Two Fingerz che hanno scritto le rime. Sono cresciuti coi mei film e il pezzo è lo specchio della mia carriera e dei miei tormentoni. L’abbiamo registrata in un’ora e mezza e mi hanno detto che ci sono rapper professionisti che ci mettono due o tre giorni per una cosa del genere. Anche ai critici con la puzza sotto il naso è piaciuta. Mi sono preso una bella rivincita.

A te non piacciono i critici, immagino…
Diciamo che sono io che non piaccio a loro. Non mi hanno mai perdonato nulla, nemmeno quando ho fatto cose di valore. Se non altro, sono in ottima compagnia.

A cosa ti riferisci?
Alla spocchia contro la commedia, che non è mai cambiata. Basta vedere com’è stato trattato Checco Zalone ai David di Donatello. Ignorare un signore che sa far divertire il pubblico e ha fatto incassare 60 milioni per far incassare film bellissimi è stupido, oltre che miope.

A proposito dei David, ti sono piaciuti Jeeg Robot e Perfetti Sconosciuti?
Sono due film bellissimi. Jeep Robot meritava anche il miglior film. E l’idea dietro a Perfetti Sconosciuti è eccezionale. Mi piacerebbe lavorare con Paolo Genovese, prima o poi.

Detto da uno che è stato il protagonista del penultimo film di Maurizio Ferreri…
Lì mi sono preso la madre di tutte le rivincite.

Racconta…
La sera in cui presentammo il film al Festival di Berlino, ci fu una cena col gotha della critica cinematografica italiana. Venni accolto da una standing ovation: «Ti chiediamo scusa per come ti abbiamo trattato», mi dissero in molti.

Eventi Jerry Calà Capannina di Franceschi ☎ 347.477.477.2

Complimenti. Sinceramente, però: com’è stato il passaggio dai cinepanettoni al cinema d’autore?
È stata un illuminazione. Ferreri era il cinema. Lui nel film faceva tutto. E aveva un’ironia incredibile. E adorava i comici, diceva che eravamo gli unici in grado di poter fare tutto. Mi ricordo come prendeva in giro i critici spocchiosi: una volta mi disse, in romanesco: «Se io in mezzo a questa scena ce faccio passà un nano, quei cojoni ci scrivono sopra quattro libri. E invece ce faccio passà un nano perché non avevo altro da mettece».

È stato il tuo primo e unico ruolo drammatico, però…
Eh già.

Rimpianti?
Un po’. «Diario di un vizio» era un film difficile, che non fece grandi incassi. Io ci credevo, però. Pensavo di aver svoltato, che mi chiamassero per ruoli simili. Invece arrivò la chiamata per fare “Abbronzatissimi 2“. Io andai da Ferreri per chiedergli cosa fare. Lui mi disse che se non accettavo, mi ci mandava lui a calci nel culo: «Voi attori siete delle puttane. Dovete lavorare, e fare quel che vi chiedono», mi disse.

Leviamoci una curiosità: ma è vera questa cosa che i comici sono persone tristi?
Non diciamo cazzate. Sta cosa del clown triste è un cliché. Gli amici mi chiamano per salvargli le serate, perché sono sempre allegro.

Ok, però è raro che un attore drammatico faccia il comico. Tu, Abatantuono, Benigni, Boldi, solo per stare in Italia, ve la siete cavata bene, in film drammatici…
È che la comicità nasce da una situazione tragica. Uno cade su una buccia di banana e si fa male. A noi tocca la fatica di ribaltare la tragedia in commedia. La battuta per noi è un’ossessione. Forse è per questo che ci viene facile interpretare ruoli drammatici. Perché abbiamo uno sforzo in meno da fare. Gli attori drammatici, invece, devono fare uno sforzo in più.

A proposito di battute e tormentoni: mi racconti com’è nata la «libidine coi fiocchi”?
“Bomber” era il primo film di Bud Spencer senza Terence Hill. Mi chiamarono perché gli serviva una spalla comica, un contraltare per beccare un po’ di risate in più. L’indicazione che mi diede il regista fu quella di sparare stronzate a ripetizione, di esagerare. Per ogni cosa, mi chiedevano una battuta. A un certo punto, c’era questa scena in cui io ero a bordo ring e dovevo avere tre reazioni differenti mentre il mio pugile massacrava il suo avversario. La prima volta dissi «libidine» che era un’espressione nel gergo milanese dell’epoca. Alla seconda reazione non sapevo che dire e allora mi venne «doppia libidine». La «libidine coi fiocchi» venne da sé. Mai avrei pensato sarebbe diventato un tormentone, giuro.

Andiamo avanti: se ti dico Cala Corvino?
“Professione vacanze”, cazzo. La trasmettono tutte le estati. È un po’ come “Una poltrona per due” il giorno di Natale. Fu una serie fatta molto seriamente, quella. Io avevo fatto uno stage con gli operatori della Valtur, per capire come lavoravano. Alla sceneggiatura partecipò una psicologa, Maria Rita Parsi, per dire. E faceva ridere davvero. E poi c’era una star dell’epoca in ogni puntata, come si usava fare in America. Claudio Amendola, Mara Venier, Teo Teocoli, Guido Nicheli

Il mitico Dogui…
Dogui è uno a cui hanno rubacchiato tutti qualcosa. Prima di fare l’attore, il cumenda, lui faceva il rappresentante di liquori per i locali. Veniva al Derby, sparava le sue massime, e i comici glieli saccheggiavano. È stato messo da parte troppo presto. Qui da noi si fa in fretta a darti per morto…

Cala Corvino, il villaggio di Professione Vacanze, adesso sta fallendo…
I fan mi hanno scritto su Facebook, «Jerry, salva Cala Corvino». Mi ha fatto piacere, ma io che posso farci?

Adesso ci proviamo davvero a farti diventare malinconico: perché in realtà sta morendo tutto quello che hai raccontato: la finanza degli yuppies e la Milano da bere non esistono più, così come le discoteche de “I ragazzi della notte”. La vita Smeralda ormai si è trasferita a Dubai e Sardegna e in Versilia sono un affare per russi…
Però alla Capannina resistiamo. Io quest’anno festeggio i vent’anni di serate a Forte dei Marmi e ogni sera c’è pieno. E il pubblico ringiovanisce ogni volta.

CI volete voi degli anni ’80 per farli divertire?
Non si sanno più divertire, questa è la verità. Si bevono dei bottiglioni di vodka alti come loro in mezz’ora e se ne stanno lì rincoglioniti. Cazzo, muovetevi, parlate, attaccate bottone. Avete tutto per star bene. Ve lo deve insegnare un vecchio cazzone come me, come si sta al mondo?

Cosa aspetti? Jerry Calà Capannina di Franceschi ☎ 347.477.477.2